Offscreen: What Is It? di Crispin Glover

La ricetta seguita dal regista non si può certo dire innovativa: violenza, sesso, simbolismo esasperato e provocazioni più o meno gratuite. Elementi tipici (e a dire il vero ormai anche un po' logori) del cinema underground. Tuttavia il risultato finale non dispiace affatto, merito di alcuni caratteri di assoluto rilievo.
L'intreccio narrativo, ordito su diversi piani, è più strutturato e coerente di quanto possa apparire; una parabola sulla morte e la resurrezione, sulla violenza e sul dolore e, soprattutto, una riflessione sulla dialettica tra dominio e anarchia e sulla natura perversa dell'uomo. Il risultato della lunga ricerca e della rivoluzione dei protagonisti, infatti, non produce altro che l'istituzione di un nuovo ordine autoritario.

Alcuni riferimenti e accostamenti si rivelano a dir poco geniali, su tutti l'uso delle immagini di Shirley Temple, le citazioni di Michael Jackson e Arnold Schwarzenegger e la cornice musicale costruita sulle musiche di Charles Manson.
Molto interessante è anche il risultato della sperimentazione operata sull'audio, indubbiamente più radicale e efficace di quella visiva. Glover modifica la significazione e la percezione di dialoghi e rumori, arrivando a costruire un ulteriore livello di lettura e di interpretazione delle diverse realtà in cui si svolge l'azione. Sono proprio questi elementi quelli che sembrano legare in maniera più compiuta i differenti piani narrativi.
Si tratta in definitiva di un buon esordio, che lascia ben sperare per il futuro. Un film coraggioso e personale, che presenta i difetti caratteristici di quasi tutte le opere prime (ridondanza, immaturità e pretenziosità), ma che va oltre la sterile sperimentazione e si impone come un'opera compiuta, che non sfigura nel panorama dell'avanguardia contemporanea.
Eros Torre
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