Offscreen: What Is It? di Crispin Glover
What Is It? segna l'esordio alla regia di Crispin Glover, attore famoso per l'interpretazione di George McFly in Ritorno Al Futuro e per una allucinata partecipazione allo storico show di David Letterman. Interprete di ruoli estremi e artista poliedrico (musicista, scrittore, pittore, etc.), Glover ha realizzato un film oscuro e ambizioso, che si muove su un territorio ostico e poco battuto, quello degli art movies e dell'avanguardia. Si tratta del primo episodio di una trilogia dedicata a tutti i significati che ruotano intorno al termine inglese "IT". I modelli di riferimento sono Bunuel (per la messa in scena e il simbolismo), Jodorowsky (per il "discorso politico" e l'impianto filosofico) e, ovviamente, David Lynch (per la struttura narrativa), che ha anche appoggiato e parzialmente prodotto la pellicola.
La ricetta seguita dal regista non si può certo dire innovativa: violenza, sesso, simbolismo esasperato e provocazioni più o meno gratuite. Elementi tipici (e a dire il vero ormai anche un po' logori) del cinema underground. Tuttavia il risultato finale non dispiace affatto, merito di alcuni caratteri di assoluto rilievo.
L'intreccio narrativo, ordito su diversi piani, è più strutturato e coerente di quanto possa apparire; una parabola sulla morte e la resurrezione, sulla violenza e sul dolore e, soprattutto, una riflessione sulla dialettica tra dominio e anarchia e sulla natura perversa dell'uomo. Il risultato della lunga ricerca e della rivoluzione dei protagonisti, infatti, non produce altro che l'istituzione di un nuovo ordine autoritario.
Alcuni riferimenti e accostamenti si rivelano a dir poco geniali, su tutti l'uso delle immagini di Shirley Temple, le citazioni di Michael Jackson e Arnold Schwarzenegger e la cornice musicale costruita sulle musiche di Charles Manson.
Molto interessante è anche il risultato della sperimentazione operata sull'audio, indubbiamente più radicale e efficace di quella visiva. Glover modifica la significazione e la percezione di dialoghi e rumori, arrivando a costruire un ulteriore livello di lettura e di interpretazione delle diverse realtà in cui si svolge l'azione. Sono proprio questi elementi quelli che sembrano legare in maniera più compiuta i differenti piani narrativi.
Si tratta in definitiva di un buon esordio, che lascia ben sperare per il futuro. Un film coraggioso e personale, che presenta i difetti caratteristici di quasi tutte le opere prime (ridondanza, immaturità e pretenziosità), ma che va oltre la sterile sperimentazione e si impone come un'opera compiuta, che non sfigura nel panorama dell'avanguardia contemporanea.
Eros Torre
La ricetta seguita dal regista non si può certo dire innovativa: violenza, sesso, simbolismo esasperato e provocazioni più o meno gratuite. Elementi tipici (e a dire il vero ormai anche un po' logori) del cinema underground. Tuttavia il risultato finale non dispiace affatto, merito di alcuni caratteri di assoluto rilievo.
L'intreccio narrativo, ordito su diversi piani, è più strutturato e coerente di quanto possa apparire; una parabola sulla morte e la resurrezione, sulla violenza e sul dolore e, soprattutto, una riflessione sulla dialettica tra dominio e anarchia e sulla natura perversa dell'uomo. Il risultato della lunga ricerca e della rivoluzione dei protagonisti, infatti, non produce altro che l'istituzione di un nuovo ordine autoritario.
Alcuni riferimenti e accostamenti si rivelano a dir poco geniali, su tutti l'uso delle immagini di Shirley Temple, le citazioni di Michael Jackson e Arnold Schwarzenegger e la cornice musicale costruita sulle musiche di Charles Manson.
Molto interessante è anche il risultato della sperimentazione operata sull'audio, indubbiamente più radicale e efficace di quella visiva. Glover modifica la significazione e la percezione di dialoghi e rumori, arrivando a costruire un ulteriore livello di lettura e di interpretazione delle diverse realtà in cui si svolge l'azione. Sono proprio questi elementi quelli che sembrano legare in maniera più compiuta i differenti piani narrativi.
Si tratta in definitiva di un buon esordio, che lascia ben sperare per il futuro. Un film coraggioso e personale, che presenta i difetti caratteristici di quasi tutte le opere prime (ridondanza, immaturità e pretenziosità), ma che va oltre la sterile sperimentazione e si impone come un'opera compiuta, che non sfigura nel panorama dell'avanguardia contemporanea.
Eros Torre
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