a. f.
Minami, membro di una famiglia yakuza, deve accompagnare il suo amico e mentore Ozaki, ormai in preda ad evidenti squilibri, in una discarica di Nagoya per farlo uccidere. Tormentato dai sensi di colpa Minami accetta l'incarico, ma nel corso del viaggio Ozaki muore a causa di un incidente automobilistico. Il corpo di quest'ultimo sparisce inspiegabilmente e per Minami inizia un disperato e frustrante viaggio alla ricerca del cadavere.
Minami si muove in un mondo sospeso tra sogno, inconscio e realtà, popolato da personaggi grotteschi e ambigui. Sembra procedere per inerzia, incapace di comprendere e reagire, è preso per mano (letteralmente) e condotto in un abisso di follia senza precedenti. Takashi Miike fonde alcune storie classiche e ne trae linfa per una storia sorprendente, prende il Giappone di Ozu e lo immerge (di nuovo letteralmente) nella sostanza delle ossessioni di Bunuel e Lynch. Non a caso Gozu è stato spesso paragonato a Twin Peaks; molti ed evidenti infatti sono i punti in comune, in particolare nella sezione centrale, ma antitetico è l'atteggiamento del protagonista, come pure il destino finale.
Un tono grottesco e surreale pervade l'intero film, con alcuni momenti ironici (tutta la prima parte) incastrati in una climax di suoni e visioni ossessivi e malati. Raramente un film narrativo è risultato così disturbante. Kafka, Omero, Carroll, Freud, Kokoschka, Tsukamoto, i riferimenti spaziano tra le arti e i generi, i temi affrontati sono profondi e personali, il risultato è sorprendente e decisamente originale. Gozu è un grande film, lento, pesante, pieno, discordante. Non strizza l'occhio all'avanguardia, ma si colloca nel limbo che separa il cinema dall'arte pura. L'epilogo, splendidamente incoerente e inaspettato chiude il cerchio e sembra al contempo rimettere tutto in discussione.
E.T.
Prima di entrare nella leggenda grazie al geniale South Park, Trey Parker e Matt Stone hanno fornito ampi indizi del loro talento muovendosi nei territori più indipendenti (e liberi) del cinema statunitense. Si sono formati nella scuola di Lloyd Kaufman, una delle figure più brillanti e autentiche dei nostri tempi e una sorta di Roger Corman dell'home video. Kaufman è il padre fondatore della Troma, una casa di produzione e distribuzione cinematografica impegnata da oltre trent'anni nella diffusione di pellicole (o meglio videotape e dvd) indipendenti. Sopravvivere per tre decenni producendo e vendendo film sconosciuti girati e interpretati da perfetti sconosciuti non è per nulla facile, e questo dovrebbe essere sufficiente a spiegare la grandezza di Kaufman e soci. Ma per i più scettici aggiungiamo che molti autori e divi sono cresciuti in questa gabbia di matti (Robert De Niro, Oliver Stone, Brian De Palma, Kevin Costner) e molti altri ne sono stati fan sfegatati. Anche Parker e Stone, dicevamo, sono stati plasmati da Kaufman e hanno realizzato grazie a lui il loro primo lungometraggio, Cannibal! The Musical (opera che sarà recensita prossimamente).
Forte di questa esperienza Parker si è cimentato in Orgazmo, un assurdo e divertentissimo script che mischia porno, arti marziali e fumetti in un clima totalmente demenziale e irrispettoso, comunque più misurato rispetto alla serie tv o al più recente Team America. Un giovane mormone viene assunto per dare il volto (solo quello) ad un supereroe (Orgazmo appunto) protagonista di un film porno. Sfortuna vuole che il film diventi in breve tempo uno dei massimi successi della storia del cinema, con tutti gli inconvenienti connessi. Come se non bastasse l'ingenuo mormone (lo stesso Parker) si ritrova in un mezzo ad una storia di mafia e decide quindi di assumere realmente le vesti di Orgazmo in coppia con il fido Choda Boy, collega sul set del film porno e ingegnere del MIT di Boston a tempo perso. Lieto fine spassoso e assicurato.
Per un'ora e mezza si ride molto e di gusto, con alcuni momenti di eccellenza pura, al livello della migliore commedia demenziale americana (Tutti pazzi per Mary, il primo American Pie, La rivincita dei nerd e addirittura Animal House). Davvero irresistibile il gruppo di Mariachi nudi che al party in piscina intona un trascinante inno allo "strumento del mestiere" degli attori, la carrellata di film epici sulla vita di Gesù (Jesus of Nazareth, Jesus Scissorhands, Pulp Jesus, Raging Jesus, etc.) che la fidanzata del protagonista consulta in una videoteca e l'interpretazione di Ron Jeremy, una leggenda vivente nel mondo del porno (reale).
E' evidente come il film anticipi molti aspetti di South Park, che Parker e Stone stavano peraltro preparando contemporaneamente, ma è altrettanto palese come Orgazmo evidenzi più compiutamente le doti dei due autori, più vincolati dalle esigenze produttive di un live action movie, ma anche meno sbracati e più riflessivi. Gli omaggi e i riferimenti sono numerosi e ripetuti, come in molto cinema degli anni 90, da Tarantino ai Farrelly, dai Coen ai b-movies, ma non renderebbe giustizia alla goliardia degli autori un'analisi seriosa e accurata della pellicola. Molto più opportuno il consiglio di gustare il film in compagnia e disposti a lasciarsi andare ad una grassa risata.
E.T.
Snuff gode di una pressochè unanime pessima critica, che va ben oltre i reali demeriti. Viene bollato come un film senza senso e qualità, rimarcabile solamente per l'ultima (e posticcia) scena, un film di unico interesse storico. Se questo è in parte vero, c'è da dire che si tratta come minimo di un'analisi un po' semplicistica e superficiale. Non è necessario avere una conoscenza enciclopedica di avanguardia e exploitation per accorgersi che queste hanno spesso prodotto risultati di gran lunga peggiori.
Il film narra le vicende di un gruppo di assassini ispirato alla Famiglia di Charles Manson, qui rinominato Satan, e può essere sommariamente diviso in due parti. L'inizio risente in maniera evidente dell'influsso di Russ Meyer (Faster Pussicat! Kill! Kill!) per quanto riguarda temi e ambientazione e dell'esperienza nel mondo del porno e nel gore degli autori per tecnica e linguaggi. C'è un uso abbondante di primissimi piani, montaggio alternato, soggettive e chiari rimandi a rapporti di tipo BDSM. In questo senso il film è molto moderno, tuttavia l'intera sezione risulta oltremodo noiosa e approssimativa.
La seconda parte è invece decisamente più interessante e presena alcune buone scene (su tutte la strage nello spaccio, a metà tra il teatro grottesco e ancora Russ Meyer), il celebre e già citato "gran finale" e una sequenza da leggenda, quella che mostra il rito di iniziazione di Angelica, una delle ragazze di Satan. Si tratta di una scena strepitosa ed estremamente violenta, un pezzo di grande cinema, difficilmente descrivibile. Una sequenza che pone il film nella storia dell'avanguardia, a prescindere dai risvolti storici.
Jesus Franco mette in scena la storia di Jack lo squartatore, sfruttando un cast e una produzione di tutto rispetto. La storia è nota; un misterioso assassino terrorizza Londra trucidando diverse prostitute dei quartieri poveri. Franco mostra sin dall’inizio il volto dell’assassino, dedicandosi all’analisi della natura e dei tormenti dei protagonisti e rifiutando di sfruttare il mistero e il thrilling insiti in opere di questo genere. La scelta è rischiosa e onestamente non paga fino in fondo. La speculazione sulla psicologia dello squartatore, cuore del film, rimane abbozzata e non colpisce più di tanto. L’assassino è un medico di animo nobile, tormentato dalla figura della madre incestuosa, a sua volta prostituta. Una direzione un po’ scontata che non aggiunge granché allo spessore della storia. Così come non funziona fino in fondo la scelta di un unica attrice per le interpretazione della madre dello squartatore e dell’amante del poliziotto a capo delle indagini. Più interessante la sottile specularità dei due protagonisti maschili, ossessionati da un’ingombrante figura femminile e incapaci di superare il conflitto latente.
Se ai difetti già sottolineati si aggiunge una sceneggiatura che varia in modo inconcludente tra diversi generi e la quasi totale assenza di pathos il risultato non può lasciare molto soddisfatti. Inoltre va sottolineato come il soggetto non rispecchi in alcun modo la reale vicenda storica. In questo senso, per una volta, il titolo italiano (“Erotico profondo”) pare quasi più azzeccato, dal momento che la storia potrebbe aderire a mille altri personaggi portati sullo schermo.
Detto questo, il genio di Franco riesce comunque a regalare alcune grandi sequenze (l’inseguimento nel bosco, le canzoni nel bordello, la sequenza onirica e lo splatter che ricorda molto Herschell Gordon Lewis) e l’atmosfera che pervade il film è costruita in modo impeccabile, come del resto l’ambientazione, una visione sospesa tra
In definitiva un film non imperdibile, ma comunque decisamente superiore alla media di molti film attualmente in sala.
E. T.