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Visione: My Son My Son What Have Ye Done (2009)

Presentato al Festival di Venezia assieme all'altro film di Herzog, Il Cattivo Tenete - Ultima chiamata New Orleans, My Son My Son What Have Ye Done ha trovato una distribuzione in sala a dir poco ridicola, durata circa una settimana, per poi essere sdoganato nel mercato home video (peraltro con un'edizione, almeno quella a noleggio, che suscita più di un dubbio). Eppure ci troviamo di fronte a un grande, coraggiosissimo film, che incrocia due poetiche all'apparenza distanti: quella di Werner Herzog, il filosofo dell'immagine cinematografica, colui che nel corso della sua carriera si è confrontato con l'astrazione della realtà e ha cercato di contenerla nell'immagine-cinema, riuscendo solo a sottolinearne l'indefinitezza (per chiunque volesse approfondire consiglio La conquista dell'inutile, Mondadori, e Incontri alla fine del mondo. Conversazioni tra cinema e vita, Minimum Fax, a cura dell'amico Francesco Cattaneo), e David Lynch, qui in veste di produttore esecutivo, il grande sperimentatore, l'ultimo dei grandi indipendenti, un autore che guarda al cinema come fosse il riflesso del futuro. Il risultato è un'opera che, dopo una prima, disturbante visione lascia atterriti, ma che con il tempo assume un significato ben chiaro, persino nei suoi momenti di puro delirio. La storia è quella di Brad McCullum (un sempre bravo, ma sempre matto - vedi Revolutionary Road - Michael Shannon) che, dopo aver ucciso la madre, si rifugia con degli ostaggi in casa. Il detective incaricato del caso (Willem Dafoe) ricostruisce l'ultimo periodo di vita dell'assassino. Ne emerge l'immagine di un uomo ormai alla deriva nel mare magnum della follia. Herzog assume il punto di vista interno di Brad, ci mostra quello che vede, senza spiegarne la malattia né tantomeno le motivazioni. Il rapporto ossessivo con la madre, incrinato dall'arrivo della fidanzata, l'esperienza nelle Ande peruviane lo portano ad allontanrsi da un mondo che lui stesso non capisce più, un mondo che, come mostra una poetica sequenza del film, va ad una velocità diversa. Lo stile adottato da Herzog è lo stesso già utilizzato in Il Cattivo Tenente, grandangoli, steadycam, una fotografia leggermente sovraesposta nei toni chiari, ma anche contrastata. Un film che, quasi in maniera sospesa, ibrida poesia e incubo, quotidianità e straordinarietà, una pellicola difficile da recepire, perchè il sentimento che comunica non è immediatamente coinvolgente, ma a suo modo un'opera che, mescolando metacinema e teatro, spettacolo e onirismo riesce nel difficile intento di dar forma alla follia. E, grazie a questo, a emozionarci.
a. f.

3 Responses so far.

  1. Emmeggì says:

    ottimo articolo per un ottimo film (che sono riuscito a vedere in sala). tornerò a curiosare perchè qualcuno fra i titoli che avete trattato non l'ho ancora visto e penso che meriterà di certo! Se volete, date un occhio e un commento al mio neonato blog che parla di cinema: http://mulosetaccioepiccone.blogspot.com/

  2. complimenti per il blog e per la qualità dei post!

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  3. Ciao complimenti per il blog. Siamo una community che seleziona i migliori cortometraggi della rete. Se vi va date un occhiata!